La sanzione di 20mila euro per gli abusi su aree vincolate non può essere oggetto di riduzione

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Come è noto, il comma 4-bis dell’art. 31 del Testo Unico dell’Edilizia(1), nella versione attuale a seguito della modifica introdotta con la legge n. 164/2014, di conversione del d.l. n. 133/2014(2)), dispone che “L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”.
Uno degli aspetti più interessanti e potenzialmente foriero di dubbi ermeneutici sulla concreta applicazione di tale norma riguarda la possibilità che, nonostante la disposizione nulla disponga espressamente al riguardo, che la norma da applicare nella misura massima di 20mila euro per gli abusi realizzati su aree ed edifici oggetto di tutele e vincoli sia oggetto di pagamento ridotto, in applicazione di quanto previsto dalla legge n. 689/1981.
Come è noto, l’art. 16 comma 1 della citata legge n. 689/1981 dispone che “È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione”.

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