Demolizione e ricostruzione di un edificio e limiti di distanza ex d.m. 1444/1968

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È noto, secondo il costante orientamento giurisprudenziale (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 23 giugno 2017 n. 3093; sent. 8 maggio 2017 n. 2086; sent. 29 febbraio 2016 n. 856; Cass. civ., sez. II, sent. 14 novembre 2016 n. 23136), che la disposizione contenuta nell’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, che prescrive la distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza; tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell’interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile.
Più precisamente, l’art. 9 n. 2 del citato d.m. dispone che per i nuovi edifici ricadenti in zone diverse dalla A, è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Ma cosa si intende con la locuzione “nuovi edifici”?

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